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martedì 27 dicembre 2011

Le parole chiavi indigeste della Riforma: le menti d'opera

Una parola chiave indigesta della Riforma  è creare menti d'opera
Non può essere digerita dal sistema scolastico perché i docenti hanno una mentalità dipendente, sono convinti dipendenti pubblici e non vogliono essere niente altro  e come tali non possono insegnare a intraprendere.  Ovviamente, ci sono eccezioni sempre isolate e poco significative. Inoltre, intraprendere è un verbo che nessun dirigente ama e accoglie benevolmente. Intraprendere è un'attività piena di rischi, non tanto per la possibilità di insuccesso, quanto per la possibilità di successo che nella scuola divide e non unisce, lacera i rapporti e fa perdere potere relazionale soprattutto ai Dirigenti. Se all'intraprendere corrispondesse la certezza dell'insuccesso, tutti i dirigenti scolastici si iscriverebbero all'associazione imprenditori della Confindustria. Un piccola possibilità di successo li porta a iscriversi a sindacati che proteggono solo miseri vantaggi economici e irresponsabilità sociale. Quando ci scappa un successo si vive proprio male, anche se è misero e temporaneo, figuriamoci un vero successo! Il Dirigente pensa: adesso cosa vuole questo docente? Vuole più soldi? Come mi rapporto con la maggioranza che mi farà la guerra perchè vuole vivere di rendita? Come posso togliermelo di torno? I colleghi pensano: adesso dobbiamo sottostare alle nuove procedure e al suo coordinamento? Meglio prendere le distanze dalla Direzione, così il messaggio sull'opportunità di cambiare è chiaro. Di fatto, tutti si allontanano per far precipitare il misero successo nel dimenticatoio collettivo.
Intraprendere vuol dire innovare continuamente, avere l'ossessione del miglioramento, abbandonare il comodo vittimismo, abbandonare l'idea che chi governa vuole far male alla scuola e che il denaro è l'unico vero Dio che manca nella scuola. Il primato del denaro è sostenuto proprio da coloro che si ritengono intelligenti, i quali subito  dopo pongono come condizione del cambiamento un dirigente che contesta il governo per la penuria di risorse e al terzo posto  la libertà di agire e cambiare senza mai però abbandonare il vecchio, rassicurante e consolatorio punto di vista (io insegno, loro non studiano).
Intraprendere vuol dire scommettere su se stessi, sulle proprie capacità, conoscenze e relazioni. La mente d'opera è una mente che vuole fare, cambiare le relazioni, costruire nuove prassi e beni utili all'umanità. Per creare menti d'opera, bisogna avere una mente d'opera I successi occasionali non c'entrano nulla con le menti d'opera.
Per creare menti d'opera bisogna guardare al risultato non immediato, a distanza di un paio d'anni almeno; bisogna abbandonare la priorità della conoscenza teorica su quella pratica e viceversa, perché tale priorità nasce esclusivamente dall'allievo e mira al successo dell'apprendimento e non può essere imposta dall'abitudine e dalle comodità intellettuali del docente; bisogna valorizzare lo stile di apprendimento e non la superiorità del docente sull'allievo; bisogna fornire risposte alle domande del mondo del lavoro e delle professioni senza nascondersi dietro al programma didattico che, tra l'altro, di didattico non ha proprio nulla;  bisogna fare in modo che i saperi siano percepiti come utili, significativi, riscontrabili nella realtà senza costringere gli allievi a leggere e interpretare le immagini nella mente del docente.

domenica 18 dicembre 2011

Il monitoraggio sull'attuazione della riforma


Finalmente arriva il monitoraggio sull'attuazione della Riforma della Scuola Superiore. Un questionario che ogni Istituto deve compilare on line entro il 7 gennaio 2012. Al sito http://www.indire.it/lineeguida/tecprof/index.php?action=login è possibile esaminare le domande del questionario (sic).

Si spera che il Ministro non si fidi delle dichiarazioni degli Istituti e che proceda con determinazione nella verifica delle risposte, predisponendo rigorose ispezioni e gravi sanzioni per le dichiarazioni mendaci o non documentate. Dopo la verifica sul campo, sarebbe opportuno attribuire un voto ad ogni Istituto, perché le famiglie possano confrontare la capacità e l'interesse a innovare degli Istituti e scegliere consapevolmente dove iscrivere i propri figli.
Attuare la riforma è una sfida che soltanto gli Istituti in cui è palpabile l'intelligenza possono cogliere. Attuare la riforma vuol dire processare con occhi nuovi tanti principi, ruoli, prerogative, gerarchie e non avere paura di riempire il cassonetto della spazzatura di tutte le rigidità e i retropensieri che appesantiscono la scuola.
In fondo, la Riforma afferma che bisogna porre attenzione, senza "se" e senza "ma":



1) ai risultati di apprendimento (outcome based approach)
2) alle modalità di apprendimento
3) alle situazioni di apprendimento
4) alle modalità di insegnamento

Tutte le altre attenzioni e attività non riconducibili DIRETTAMENTE (senza fare semicerchi per soddisfare qualche altro bisogno) a queste indicazioni sono morbose o truffaldine, compresi i tanti progetti che sono interpretati dagli studenti unicamente come momenti di non scuola.


domenica 11 dicembre 2011

Il vero cambiamento riguarda il sistema di relazione

Ci nutriamo di falsi cambiamenti. Quando si tratta di dire un deciso "Si" o un deciso "No" preferiamo stare alla finestra e aspettare che lo scenario cambi. E quando non possiamo fare a meno di prendere una decisione, la ponderiamo con tanti "ma" e "però" da scrivere un nuovo codice che non scontenta nessuno e, soprattutto, che non muova troppa acqua nello stagno in cui si vive.
I veri cambiamenti nella scuola sono una pura illusione perché ciò che non cambia sono le relazioni. Difficile trovare qualcuno disposto a cedere un metro del proprio territorio. Difficile che qualcuno dia l'esempio, perché il buon esempio è interpretato come una ingerenza, cioè un futuro dovere per gli altri. Difficile che qualcuno creda nel miglioramento individuale e collettivo. Difficile che qualcuno guardi al futuro che non sia la propria pensione.
Nella scuola i cambiamenti organizzativi e  le epoche vengono insegnati senza essere minimamente capiti. Mi piacerebbe chiedere pubblicamente a tutti gli operatori scolastici come utilizzano nella loro pratica professionale ciò che hanno imparato nello studio e nella vita. Sono convinto che alla fine emergerebbero tre tipi di soggetti:
1) coloro che non hanno imparato nulla e che non fanno nulla. Imitano i loro predecessori anche nei gesti più  involontari;
2) coloro che hanno imparato molto ma non utilizzano le conoscenze acquisite perché non vogliono rimetterci
3) coloro che hanno imparato molto e utilizzano le conoscenze acquisite quando viene loro concesso, cioè quando il risultato finale è un sicuro fallimento o un pilotato falso cambiamento.