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martedì 27 dicembre 2011

Le parole chiavi indigeste della Riforma: le menti d'opera

Una parola chiave indigesta della Riforma  è creare menti d'opera
Non può essere digerita dal sistema scolastico perché i docenti hanno una mentalità dipendente, sono convinti dipendenti pubblici e non vogliono essere niente altro  e come tali non possono insegnare a intraprendere.  Ovviamente, ci sono eccezioni sempre isolate e poco significative. Inoltre, intraprendere è un verbo che nessun dirigente ama e accoglie benevolmente. Intraprendere è un'attività piena di rischi, non tanto per la possibilità di insuccesso, quanto per la possibilità di successo che nella scuola divide e non unisce, lacera i rapporti e fa perdere potere relazionale soprattutto ai Dirigenti. Se all'intraprendere corrispondesse la certezza dell'insuccesso, tutti i dirigenti scolastici si iscriverebbero all'associazione imprenditori della Confindustria. Un piccola possibilità di successo li porta a iscriversi a sindacati che proteggono solo miseri vantaggi economici e irresponsabilità sociale. Quando ci scappa un successo si vive proprio male, anche se è misero e temporaneo, figuriamoci un vero successo! Il Dirigente pensa: adesso cosa vuole questo docente? Vuole più soldi? Come mi rapporto con la maggioranza che mi farà la guerra perchè vuole vivere di rendita? Come posso togliermelo di torno? I colleghi pensano: adesso dobbiamo sottostare alle nuove procedure e al suo coordinamento? Meglio prendere le distanze dalla Direzione, così il messaggio sull'opportunità di cambiare è chiaro. Di fatto, tutti si allontanano per far precipitare il misero successo nel dimenticatoio collettivo.
Intraprendere vuol dire innovare continuamente, avere l'ossessione del miglioramento, abbandonare il comodo vittimismo, abbandonare l'idea che chi governa vuole far male alla scuola e che il denaro è l'unico vero Dio che manca nella scuola. Il primato del denaro è sostenuto proprio da coloro che si ritengono intelligenti, i quali subito  dopo pongono come condizione del cambiamento un dirigente che contesta il governo per la penuria di risorse e al terzo posto  la libertà di agire e cambiare senza mai però abbandonare il vecchio, rassicurante e consolatorio punto di vista (io insegno, loro non studiano).
Intraprendere vuol dire scommettere su se stessi, sulle proprie capacità, conoscenze e relazioni. La mente d'opera è una mente che vuole fare, cambiare le relazioni, costruire nuove prassi e beni utili all'umanità. Per creare menti d'opera, bisogna avere una mente d'opera I successi occasionali non c'entrano nulla con le menti d'opera.
Per creare menti d'opera bisogna guardare al risultato non immediato, a distanza di un paio d'anni almeno; bisogna abbandonare la priorità della conoscenza teorica su quella pratica e viceversa, perché tale priorità nasce esclusivamente dall'allievo e mira al successo dell'apprendimento e non può essere imposta dall'abitudine e dalle comodità intellettuali del docente; bisogna valorizzare lo stile di apprendimento e non la superiorità del docente sull'allievo; bisogna fornire risposte alle domande del mondo del lavoro e delle professioni senza nascondersi dietro al programma didattico che, tra l'altro, di didattico non ha proprio nulla;  bisogna fare in modo che i saperi siano percepiti come utili, significativi, riscontrabili nella realtà senza costringere gli allievi a leggere e interpretare le immagini nella mente del docente.

domenica 18 dicembre 2011

Il monitoraggio sull'attuazione della riforma


Finalmente arriva il monitoraggio sull'attuazione della Riforma della Scuola Superiore. Un questionario che ogni Istituto deve compilare on line entro il 7 gennaio 2012. Al sito http://www.indire.it/lineeguida/tecprof/index.php?action=login è possibile esaminare le domande del questionario (sic).

Si spera che il Ministro non si fidi delle dichiarazioni degli Istituti e che proceda con determinazione nella verifica delle risposte, predisponendo rigorose ispezioni e gravi sanzioni per le dichiarazioni mendaci o non documentate. Dopo la verifica sul campo, sarebbe opportuno attribuire un voto ad ogni Istituto, perché le famiglie possano confrontare la capacità e l'interesse a innovare degli Istituti e scegliere consapevolmente dove iscrivere i propri figli.
Attuare la riforma è una sfida che soltanto gli Istituti in cui è palpabile l'intelligenza possono cogliere. Attuare la riforma vuol dire processare con occhi nuovi tanti principi, ruoli, prerogative, gerarchie e non avere paura di riempire il cassonetto della spazzatura di tutte le rigidità e i retropensieri che appesantiscono la scuola.
In fondo, la Riforma afferma che bisogna porre attenzione, senza "se" e senza "ma":



1) ai risultati di apprendimento (outcome based approach)
2) alle modalità di apprendimento
3) alle situazioni di apprendimento
4) alle modalità di insegnamento

Tutte le altre attenzioni e attività non riconducibili DIRETTAMENTE (senza fare semicerchi per soddisfare qualche altro bisogno) a queste indicazioni sono morbose o truffaldine, compresi i tanti progetti che sono interpretati dagli studenti unicamente come momenti di non scuola.


domenica 11 dicembre 2011

Il vero cambiamento riguarda il sistema di relazione

Ci nutriamo di falsi cambiamenti. Quando si tratta di dire un deciso "Si" o un deciso "No" preferiamo stare alla finestra e aspettare che lo scenario cambi. E quando non possiamo fare a meno di prendere una decisione, la ponderiamo con tanti "ma" e "però" da scrivere un nuovo codice che non scontenta nessuno e, soprattutto, che non muova troppa acqua nello stagno in cui si vive.
I veri cambiamenti nella scuola sono una pura illusione perché ciò che non cambia sono le relazioni. Difficile trovare qualcuno disposto a cedere un metro del proprio territorio. Difficile che qualcuno dia l'esempio, perché il buon esempio è interpretato come una ingerenza, cioè un futuro dovere per gli altri. Difficile che qualcuno creda nel miglioramento individuale e collettivo. Difficile che qualcuno guardi al futuro che non sia la propria pensione.
Nella scuola i cambiamenti organizzativi e  le epoche vengono insegnati senza essere minimamente capiti. Mi piacerebbe chiedere pubblicamente a tutti gli operatori scolastici come utilizzano nella loro pratica professionale ciò che hanno imparato nello studio e nella vita. Sono convinto che alla fine emergerebbero tre tipi di soggetti:
1) coloro che non hanno imparato nulla e che non fanno nulla. Imitano i loro predecessori anche nei gesti più  involontari;
2) coloro che hanno imparato molto ma non utilizzano le conoscenze acquisite perché non vogliono rimetterci
3) coloro che hanno imparato molto e utilizzano le conoscenze acquisite quando viene loro concesso, cioè quando il risultato finale è un sicuro fallimento o un pilotato falso cambiamento.

mercoledì 16 novembre 2011

I santi protettori delle generazioni future

Per alcuni giorni la rete è stata scandagliata per rintracciare Decreti Legge sulle festività e sul calendario scolastico. Il livello di discussione tra il personale della scuola è stato molto elevato, tale da far apparire un docente di Diritto uno sprovveduto e un Non Docente un Principe del Foro.
Alcuni non credenti hanno sostenuto con passione il riconoscimento della festività del Santo Patrono! Il tema della festività del Santo Patrono è stato spellato come un pomodoro maturo, lentamente, perchè ritenuto in gioco un laico diritto acquisito.
Mai tanto interesse per un Santo nella scuola. Mai vista con la medesima passione una discussione su un solo termine o concetto della Riforma della scuola superiore.
Uno spaccato della scuola italiana, dei suoi insegnanti, della società italiana che dovrà cambiare con il ricatto dei risparmiatori internazionali: i veri Santi Patroni delle generazioni future.

I dirigenti scolastici italiani

Per sapere a quale categoria appartiene il proprio dirigente scolastico basta guardare i suoi collaboratori.
I collaboratori sono i colleghi di lavoro e costituiscono i tratti essenziali della personalità del dirigente. Se il dirigente si circonda di persone che valgono con cui discute di tutto, a cui chiede il parere e poi decide, egli potrebbe essere un buon leader. Diventa un vero leader quando si pone al servizio di coloro che progettano e attuano iniziative, quando spazza via gli ostacoli burocratici e le paure di andar per mare su rotte sconosciute. Al desiderio di innovare fa seguire il sostegno ai pionieri, senza riserve e senza cercare consensi impossibili in un ambiente profondamente conservatore. Se, invece, il Dirigente tende ad accentrare tutto nelle sue mani e mette al primo posto, nella scelte dei collaboratori, la fedeltà alla persona, l'onestà e l'ubbidienza pronta e assoluta e mai l'autonomia e la capacità di risolvere problemi, non è un vero leader e non lo potrà mai essere. E' un burocrate; e quando si dice che bisogna migliorare la produttività e la qualità dei servizi azzerando la burocrazia, si intende dire che bisogna eliminare questi dirigenti che sono solo di ostacolo al miglioramento.
Ci sono dirigenti, una esigua minoranza, che non discutono, non fanno partecipare, non chiedono pareri e non informano nessuno. Sono ormai una razza in estinzione e non hanno bisogno che  qualcuno li rimuova dall'incarico. Forse bisogna proteggerli dall'estinzione perché ritengono, a volte con ragione, che i loro docenti non siano di nessuna utilità.
Ci sono poi le vie di mezzo, una maggioranza  che si avvicina al 90% dei dirigenti. Sono quelli che ricamano tessuti di ogni tipo per far calde coperte quando soffia lo scirocco: quelli disposti a discutere all'infinito, ma non informano delle decisioni che hanno preso prima della discussione,  che sollecitano la partecipazione dei docenti per ornare l'ambiente, spesso tetro, dei luoghi di riunione, che chiedono pareri ma solo per sondare le reazioni a decisioni già prese. Questo è il tipico dirigente scolastico italiano per eccellenza che immobilizza gli Istituti. Un dirigente che teme la prova del cambiamento, che afferma solennemente di voler cambiare, ma che si piega alla prima voce contraria. E' il dirigente che si fa beffe della democrazia, che piega ogni iniziativa ai propri desideri contando sull'egoismo e pochezza culturale dei suoi dipendenti. Un leader che addebita agli altri gli ostacoli, le paure e le responsabilità degli insuccessi. E' il leader della responsabilità altrui! Un leader che pianifica il passettino, consapevole che puntualmente viene annullato dal vecchio e generalizzato mondo di pensare, e mai il balzo. Il cambiamento comincia solo, unicamente, dalla persona e mai dalle circostanze e si vede dalla pratica, non dalle parole.

giovedì 10 novembre 2011

Una lettera della BCE ai soggetti del sistema scolastico

"Che cosa si intende fare per valorizzare il ruolo dei professori nelle scuole? Visti anche i deludenti risultati dei test Invalsi, che cosa vuole fare l'Italia per riformare il sistema scolastico?"
Sono queste alcune delle 39 domande con le quali, in cinque pagine, la Commissione Europea passa al setaccio la lettera d'intenti presentata dall'Italia a Bruxelles per cercare di capire le vere intenzioni del governo di Roma.
Abbiamo estremamente bisogno di un organo di controllo come la BCE nel settore dell'istruzione e della formazione professionale. Abbiamo bisogno di una vera autorità che dica agli Istituti e alla pubblica opinione che certi risultati e processi  di insegnamento sono inaccettabili e vanno profondamente cambiati, perchè vengono bruciate intelligenze, distrutte troppe risorse umane oltre che finanziarie; che bisogna applicare integralmente la riforma della scuola superiore in tempi definiti e con azioni precise e rigorose. Purtroppo, non ci sono persone che hanno investito i risparmi di una vita  direttamente nel settore dell'istruzione e formazione e quindi non ci sono minacce di sfiducia che facciano tremare le famiglie che lavorano nel sistema di Istruzione. La sfiducia nei confronti del Paese comprende, però, anche il sistema di istruzione e formazione, con tutti i soggetti attivi e passivi, dai bidelli al Ministro. I più pensano che il giudizio negativo riguarda solo  il Governo e/o il Ministro, ma mettono la testa sotto la sabbia. L'investitore non apprezza una riforma che nessuno applica, apprezza invece i cambiamenti reali nelle scuole e tra queste e il mondo produttivo. E questi cambiamenti oggi non ci sono, nonostante  la Riforma li voglia profondamente. Nessuno vuole i cambiamenti, a cominciare da chi conta realmente: dirigenti di ogni livello. Neppure gli insegnanti vogliono cambiare un bel niente: lavorano nella scuola, ma i problemi della scuola non li riguardano. Peccato che l'investitore abbia vincolato i risultati dell'azione degli insegnanti al futuro economico e civile del paese e  abbia fatto di questo vincolo un elemento di valutazione per continuare a sottoscrivere gli stipendi di tutto il personale della scuola.
Abbiamo bisogno di una bella lettera della BCE che vada in profondità e dica a tutti i soggetti del sistema scolastico: cari signori per salvare il vostro mestiere e il vostro stipendio vi sollecitiamo, entro 15 giorni, a mettere in atto le seguenti azioni:
a) far effettuare ai consigli di classe una programmazione per competenze, utilizzando esclusivamente il modello predisposto dal Ministero della P.I.
b) monitorare l'utilizzo della programmazione  da parte dei componenti del consiglio di classe e istituzionalizzare un riesame mensile della programmazione
c) valutare la programmazione e validare il percorso didattico a fine anno alla luce dei risultati ottenuti formulando indicazioni vincolanti per la successiva programmazione
d) elaborare un modello di iscrizione con annesso patto di corresponsabilità predisposto dal Ministero della P.I.
e) somministrare verifiche oggettive a fine anno predisposte da un ente esterno accreditato dalla  BCE competente per indirizzo di studi
f) predisporre e mettere in atto il recupero obbligatorio delle insufficienze  per le discipline più impegnative fin dall'inizio dell'anno, a costo zero quando emergono insufficienze superiori al 30% per classe
g) verificare, prima dell'accettazione dell'iscrizione, l'adeguatezza della scelta dell'istituto e dell'indirizzo di studio da parte della famiglia e dello studente, effettuando almeno 10 lezioni delle principali discipline e somministrando le opportune prove di verifica
h) accettare in classe senza alcun preavviso la presenza di genitori e osservatori esterni che desiderano monitorare le relazioni di insegnamento e apprendimento
i) instaurare una relazione organica con imprese e/o loro associazioni di categoria, tale da garantire una presenza qualificata e attiva negli organi decisionali dell'Istituto
l) attuare l'alternanza scuola-lavoro e, nelle classi terminali, l'alternanza a progetto e l'esperienza della condivisione di parti del business plan delle aziende partner
m) pubblicare il bilancio sociale corredato da indici di efficienza ed efficacia stabiliti dalla BCE.
n) garantire zero abbandoni, massimo 10% di insuccessi e  20% di sospesi l'anno
Qualora un istituto scolastico non ritenesse opportuno rispondere a tali richieste in modo completo, potrà sempre farsi finanziare dalle famiglie degli iscritti, da aziende o Stati extraeuropei e potrà comunque rilasciare titoli di studio, ma con la dicitura "risultato di apprendimento non conforme alle richieste della BCE".

lunedì 31 ottobre 2011

Insuccesso scolastico: dove finisce la responsabilità dello studente e comincia la responsabilità dell'Istituto?

Quando un Istituto accetta un'iscrizione diventa responsabile del successo scolastico dello studente. L'Istituto si impegna a portare lo studente al diploma, moralmente e contrattualmente.
Portare uno studente al diploma è un dovere, è un atto di responsabilità sociale che coinvolge tutta l'organizzazione scolastica e non solo qualche insegnante dotato di maggiore sensibilità. Appena si presentano, però,  i primi dati comportamentali e di profitto incongruenti con la previsione caritatevole dell'insegnante cessano gli obblighi inizialmente assunti e i buoni propositi dell'Istituto. L'incongruenza è addebitata al fornitore (la famiglia), il quale non ha rispettato le specifiche di apprendimento richieste dall'Istituto.
Bisognerebbe chiedersi per quale ragione finanziare un'attività educativa e formativa dedita prevalentemente a mantenere se stessa e solo accidentalmente a formare giovani che resistono alla programmazione di un insegnamento a senso unico. Quando lo studente registra un successo scolastico, il sistema di insegnamento  nega allo studente e alla famiglia ogni compartecipazione al risultato, pur non avendo fatto nulla in più o di diverso rispetto a tutti gli iscritti dell'Istituto.  L'autore del successo scolastico è l'Istituto e nessun altro. Gli autori dell'insuccesso sono, invece, esclusivamente le famiglie che non collaborano e gli studenti che non studiano. Questa è la scuola sportello, dalla quale deriva l'insegnante impiegato  e il Dirigente burocrate.
Quando tale sistema sarà considerato una offesa all'intelligenza umana e frutto di un abuso intellettuale di una casta numerosa e votante?
La responsabilità di un Istituto comincia con l'orientamento in ingresso dello studente. La comunicazione dell'offerta formativa è prevalentemente pubblicitaria, mirata esclusivamente ad acchiappare iscrizioni in un mercato non libero e truccato, costituito da una casta, cioè da Istituti che adottano la stesse regole informative e la stessa propensione acchiappastudenti. Le famiglie non possono vedere e toccare con mano il futuro che acquistano per i loro figli. Quando ci sono carenze di iscrizioni e arrivano studenti con pregressi insuccessi scolastici, la responsabilità morale viene messa completamente da parte: prevale il bisogno di riempire le aule per dimostrare carità cristiana da una parte e validità dell'offerta formativa (alta richiesta di iscrizione equivale ad un alto valore dell'Istituto e della sua offerta!) dall'altra. Non secondario è il bisogno assurdo di evitare disagio a qualche insegnante che potrebbe cambiare Istituto nell'ambito cittadino o provinciale insieme al rischio di creare qualche avventizio in più. Il sistema scuola è di fatto una casta di falsi intellettuali che vorrebbe raccordarsi con le caste superiori dalle quali, però, non è mai stato riconosciuto, per l'inadeguatezza delle sue competenze e per la meschinità delle rivendicazioni che lo hanno contraddistinto negli anni. Questo desiderio non soddisfatto ha portato alla macelleria sociale, per decenni. Quanti giovani sono stati sacrificati sull'altare dell'inamovibilità del docente e della rendita-privilegio di non cambiare mai punto di vista (gli studenti non studiano!!!) e metodo di insegnamento?
Prima di accettare un'iscrizione, l'Istituto dovrebbe offrire allo studente e ai suoi genitori prove di insegnamento  delle materie caratterizzanti il piano di studio a cui far seguire prove di apprendimento. In questo modo tutti i soggetti potrebbero capire onestamente e in modo certo se quell''Istituto è ciò che cercano famiglie e studenti e se questi  ultimi possono essere soddisfatti dell'offerta formativa. Un insuccesso scolastico che arriverebbe dopo tale prova non potrebbe essere più addebitare allo studente, ma solo all'Istituto.
Bisogna una volta per tutte riconoscere le responsabilità dell'insuccesso scolastico da addebitare solo all'Istituto. Dove finisce l'insuccesso dello studente e dove comincia quello dell'Istituto? Oggi, gli Istituti sono esenti da responsabilità. L’orientamento in ingresso dovrebbe essere costituito dalla erogazione di lezioni  delle discipline caratterizzanti i corsi di studio, con metodologie diverse e dalla conseguente valutazione degli apprendimenti. L’orientamento in ingresso, la didattica e l’organizzazione della scuole dovrebbero sentire la  responsabilità sociale di far provare un prodotto educativo e formativo. Se la prova ha esito positivo, sarà difficile dimostrare che un Istituto ha fatto tutto il possibile per evitare l'insuccesso scolastico. Ciò non avverrà mai perché il sistema non vuole essere responsabile della propria azione.

venerdì 21 ottobre 2011

Un investimento pubblico senza un rendiconto sociale


I documenti obbligatori dei singoli Istituti scolastici non danno l'idea dell'investimento nell'educazione e nella formazione delle nuove generazioni. Sono, non a caso, sconosciuti ai soggetti economici (famiglie, imprese, Stato).  Nello specifico, ecco a cosa servono e a chi sono diretti.

  • Il POF:  è indicativo delle intenzioni e dei programmi realizzati che si vogliono ripetere. Non informa sui risultati delle attività svolte negli anni precedenti. Non contiene informazioni sulle risorse economiche ed umane impiegate. E’ orientato, con scarso successo, agli interlocutori interni: docenti, alunni e genitori, i quali, a ragione, non lo leggono neppure.
  • Il Regolamento interno: è un insieme di norme orientato agli interlocutori interni 
  • Il Programma preventivo: è significativo sotto il profilo delle poste generali e riporta le iniziative e le risorse impegnate. Non è predisposto per la contabilità analitica. E' rivolto quasi esclusivamente ad interlocutori interni: i componenti del Consiglio d’Istituto (docenti, genitori e studenti eletti). Non sono indicati obiettivi qualitativi e quantitativi e neppure aspettative di efficienza ed efficacia della spesa programmata.
  • Relazione del Dirigente sul Piano di Attività annuale: E' rivolto quasi esclusivamente a interlocutori interni. Raramente i risultati attesi sono corredati da indicatori di performance. Spesso il nesso tra risorse e articolazione per progetti è nominale; riporta solo le etichette relative del POF.
  • Consuntivo: E' rivolto esclusivamente a interlocutori interni. In esso prevale l'informazione contabile. Sono assenti “istituzionalmente” i parametri gestionali di efficienza ed efficacia della spesa.
  • Relazione del Dirigente sul consuntivo: E  un documento rivolto esclusivamente a interlocutori interni. In esso prevale l’informazione contabile e sono assenti le valutazioni di ricaduta sulla gestione successiva e sul POF.
Perché:

a)  non integrare questi documenti ?
b)  non rielaborarli per interlocutori esterni ?

Il Comune e gli altri enti territoriali, l'Associazione degli imprenditori, i media, il Ministero della PI, l'UE, le famiglie, le singole imprese presenti sul territorio hanno il diritto di conoscere i Piani di lavoro, le spese e i risultati di un'economia che costituisce il più importante investimento nel futuro. 

La lotta per la trasparenza dei risultati dell'investimento nelle nuove generazioni non è meno importante della lotta alla mafia, al malaffare e all'evasione fiscale.
La mancanza di trasparenza dell'investimento costituisce la protezione dei tanti apparati digerenti che girano intorno alle cose che devono essere fatte perché il fare genera obblighi verso soggetti che ritengono  pregiudizialmente inferiori culturalmente. E pensare che, in un ambiente senza alcuna trasparenza dei risultati del proprio lavoro, si considera l'impresa come il male della cultura.


Bisognerebbe ipotizzare i reati di:

1) falso sociale del bilancio scolastico
2) occultamento di dati informativi
3) mancanza di comunicazione sociale

domenica 16 ottobre 2011

Il POF: un documento inutile

Il POF viene aggiornato nel corso dell'anno e predisposto per tempo all'approvazione per l'anno successivo. In esso l'Istituto dichiara le attività svolte, ciò che è obbligatorio inserire sugli indirizzi di studio e tanti progetti  per non essere da meno degli altri Istituti. Qualche attività o iniziativa viene poi enfatizzata insieme alla dichiarazione della MISSION per dare colore a un documento che non è capace di immaginare il futuro. Sembra pensato e approvato da persone dai "sogni di pietra".  
Perché l'hanno chiamato PIANO e non PPROGRAMMA? 
Il PIANO copre un arco di tempo dai tre ai cinque anni. Il PROGRAMMA copre un arco di tempo non superiore all'anno. Perché il Piano dell'Offerta Formativa copre solo un anno di attività?  Chi legge il POF ha la sensazione che nella scuola gli anni siano tutti uguali, immutabili nel tempo, che non ci sia alcuna evoluzione della società da nessun punto di vista. Gli studenti non cambiano stile di apprendimento, gli insegnanti non cambiano stile di insegnamento e l'organizzazione scolastica non cambia struttura e relazioni.
Il cambiamento può riguardare la letteratura, la filosofia, la storia degli altri, le scienze, l'attività produttiva e l'organizzazione delle imprese e delle organizzazioni non profit, ma non il sistema scolastico. 
E' raccapricciante che il sistema scolastico sia immobile e teso solo a difendere privilegi, esattamente come fanno tutte le caste del nostro Paese.
Gli istituti professionali sembrano delle barche messe all'ancora in mare aperto, con rematori distratti che aspettano il vento favorevole in vele mal ridotte e senza capitani coraggiosi che conoscano la rotta verso il nuovo mondo.
A parte il quadro orario delle classi e i percorsi di studio stabiliti dal Ministero, di pluriennale nel POF non c'è nulla. Non c'è indicato il nuovo mondo e non c'è una rotta da seguire nel tempo.  Indicare obiettivi pluriennali è troppo impegnativo per  l'organizzazione scolastica. E' come affrontare il futuro senza credere minimamente nel futuro (due-tre anni, non 10! ).
Gli istituti scolastici vivono alla giornata perché non sono capaci di fissare mete e obiettivi a lungo termine. La programmazione annuale non è altro che il già fatto l'anno precedente,  con qualche  attività extracurriculare per soddisfare un'esigenza personale, o per riempire uno spazio lasciato libero da un'altra attività che gli studenti non hanno mai voluto digerire. Con la scusa di migliorare le motivazioni all'apprendimento si inseriscono nel POF attività occasionali che non hanno nessuna utilità, anzi, producono ulteriore demotivazione e sfiducia nel sistema scolastico. Non ci sono attività neutre in un ambiente dove l'inutilità del tempo trascorso a scuola corrode le forze e l'interesse all'apprendimento di nozioni che, molto spesso, appaiono allo studente senza senso. Gli studenti rinunciano a utilizzare la loro intelligenza. Sottostanno alla legge del più forte e accettano qualunque minestra, passivamente. Oggi,  non possiamo meravigliarci se non nutrono interesse per tutte le minestre che vengono somministrate loro!
Per avere un riscontro di quanto è importante e utile il POF, basta chiedere ai docenti e agli studenti cosa ricordano del POF.
Oltre il 95%  non lo ha mai letto e non lo leggerà mai, perchè non lo ritiene utile per il proprio lavoro e per le proprie aspettative, e neppure attendibile.

domenica 9 ottobre 2011

Mario Draghi e l'importanza di incrementare il capitale umano

Il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, indica le misure strutturali che il Paese deve prendere subito per "uscire dalla stagnazione". Riguardo alla riforma dell'istruzione, Draghi sostiene che è necessario " incrementare lo stock di capitale umano, oggi inferiore in quantità e qualita' rispetto ai paesi con cui competiamo sui mercati".
Nella scuola, il termine "capitale umano" non è utilizzato neppure tra i tanti docenti di economia. Nell'ambiente scolastico,  solo il pensare in termini "qualitativi e quantitativi" degli aspiranti a un titolo di studio genera sospetto e irritazione intellettuale. Infine, la "competizione sui mercati" non sembra assolutamente riguardare il mondo dell'istruzione e della formazione. La competizione sui mercati riguarda solo il mondo delle imprese, cioè un altro mondo, disgraziatamente contiguo a quello dell'istruzione, che partecipa pagando gli stipendi agli insegnanti, come per espiare un senso di colpa.
Il mondo della scuola può capire le parole del Governatore Draghi? Io credo di no, ed è demoralizzante l'assenza di una cultura capace di vedere e capire oltre il proprio naso e i propri meschini interessi. 

L'applicazione degli "stress test" agli Istituti scolastici, per capire il grado di risposta che può dare un Istituto alle istanze culturali dell'Europa, sarebbe considerata un atto di forza,  culturalmente riprovevole, nonostante si voglia garantire prima di tutto il futuro delle nuove generazioni.
Negli "stress test" applicati agli Istituti scolastici andrebbero rilevati le potenzialità professionali dell'Istituto (curriculum dei docenti, le competenze capitalizzate) e il loro grado di utilizzo nella scuola, la presenza di attrezzature e il loro grado di utilizzo, il grado di utilizzo delle tecnologie di comunicazione tra docenti e tra Istituto e famiglie, i piani di valorizzazione a medio termine delle competenze dei docenti e il loro programmato utilizzo, poi il grado di successo scolastico nel far fronte agli impegni assunti con l'utenza anche in termini di realizzazione di progetti di vita, il grado di soddisfazione dei fornitori interni ed esterni  e la regolarità dei pagamenti. Infine, l'Istituto dovrebbe dire, in presenza di abbandoni superiori al 10%, come e in che misura intende ridurre tale indice, con quali cambiamenti organizzativi, didattici e con quale ridistribuzione del fondo d'Istituto. 


Gli "stress test", oggi, confermerebbero che gli Istituti Professionali non hanno cognizione della concretezza della loro missione così tanto decantata nel POF, delle potenzialità umane e professionali sperperate, dell'assenza di razionalità nel porre obiettivi correlati al tipo di organizzazione, delle risorse finanziarie, del costo umano e sociale dovuto alla mancanza di efficienza organizzativa ed efficacia delle azioni didattiche.
In verità, non è necessario fare gli stress test per arrivare alle stesse conclusioni. Gli stress test decreterebbero la completa inaffidabilità degli Istituti Professionali, come se fossero aziende decotte, dove entrano materie prime per costruire tre auto e alla fine del processo esce solo un'auto rumorosa e poco affidabile. Tutta colpa dei fornitori distratti, cioè delle famiglie che non collaborano con l'Istituto? La storiella che la cultura umanistica è contrapposta al  valore dell'efficienza e dell'economia in senso lato è corredata da tante storie di persone reali che, avendo concluso il percorso di studi, ritengono pregiudizialmente di avere nei confronti del prossimo solo diritti.  Una bella educazione umanistica! Un bel prodotto di una cultura divoratrice di futuro, incapace di coniare il termine solidarietà verticale, incapace di fare le curve a gomito della vita globalizzata! Colpa dei tagli all'istruzione e della globalizzazione?

giovedì 6 ottobre 2011

Il bilancio sociale degli Istituti Scolastici è un tabù


Nella scuola, siamo abituati a predisporre e approvare un bilancio finanziario, dove ciò che interessa è  l'aspetto contabile. Nel bilancio finanziario non c'è connessione tra spesa e risultati di apprendimento.Spesso le connessioni sono esposte verbalmente. Chi non approverebbe un progetto che mira a combattere la dispersione scolastica, qualora venisse relazionata ideologicamente la necessità!? Il rifiuto di approvare un tal progetto apostroferebbe il soggetto come irresponsabile, insensibile, ignorante. Così, l'utilità  di progetti e iniziative indicati sommariamente in bilancio sono sorretti dalla fede e dalla speranza, mentre il denaro speso è assolutamente reale. La mancanza di connessione tra spesa o investimenti e risultati di apprendimento è il fondamento di una irrazionale  e truffaldina gestione dell'attività educativa e formativa. Infatti, è difficile, e non è un caso, elaborare indici di efficienza ed efficacia della spesa e degli investimenti rispondenti alla realtà dei risultati.  Il documento che potrebbe evidenziare l'efficacia ed l'efficienza della spesa e degli investimenti è il bilancio sociale. Un documento che racchiude le scelte strategiche dell'Istituto e la tendenza dei risultati ottenuti negli anni, tutto facilmente comprensibile e valutabile da istituzioni e famiglie.
Molte imprese vogliono comunicare la loro immagine attraverso l'utilità della propria funzione economica e finanziaria. Pubblicano annualmente un bilancio sociale, oltre quello economico e patrimoniale, evidenziando il loro contributo finanziario al miglioramento della vita sociale, indicando gli obiettivi raggiunti. C'è una competizione mondiale tra imprese, tra chi fa di più e meglio per il prossimo. Le imprese più evolute comunicano ciò che fanno alla società civile sotto forma di bilancio sociale. I consumatori, di conseguenza, possono effettuare scelte, prendendo in considerazione anche l'impegno sociale delle aziende produttrici, in relazione alla loro sensibilità e cultura.
Le scuole, pur avendo l'obbligo esclusivo di perseguire fini di pubblica utilità, si comportano dal punto di vista sociale come imprese private che vivono di rendita. Non hanno un bilancio sociale. Non vogliono averlo. Non vogliono e non hanno risultati confrontabili destinati alla pubblicazione. Dichiarano una missione ma senza risultati correlati, dichiarano iniziative ma non il grado di successo e di insuccesso, di apprezzamento o indifferenza. La misurazione del successo in termini qualitativi e quantitativi in relazione alla spesa o all'investimento è un comodo tabù.
Il costo sostenuto per il successo di un allievo dovrebbe essere un indicatore economico-sociale da mostrare pubblicamente, esattamente come il costo di ogni insuccesso o abbandono scolastico. Il bilancio sociale della scuola è un preciso indicatore di serietà, affidabilità, impegno onesto e concreto a svolgere quella missione così ampiamente descritta nel POF.
Le imprese utilizzano strumenti per convincere la società della loro utilità sociale, le scuole invece ritengono di essere utili indipendentemente dai risultati e dai costi e presentano bilanci dove non è possibile capire la correlazione tra progetti, denaro speso e risultati ottenuti.

domenica 2 ottobre 2011

Il buon senso e la qualità nella scuola


Solo ipocritamente possiamo attribuire alle molte attività educative e formative un concreto beneficio per gli studenti.
Gli studenti non affermano apertamente  diffidenza verso ciò che viene loro proposto perché non sanno esporre le loro ragioni, perché troppo giovani, indifesi e senza diritti veri. Intuiscono l'ipocrisia e manifestano la loro diffidenza con comportamenti passivi tendenti a minimizzare la fatica, ad aggirare gli ostacoli, oppure con insuccessi e con il triste fenomeno dell'abbandono, coerentemente con quanto apprendono dal mondo adulto e del lavoro.
Non si può certo affermare che al centro dell'azione educativa ci siano, oggi, gli studenti. Loro sono l'ultimo interesse dell'organizzazione scolastica. Gli studenti non sono mai interlocutori reali nella progettazione e nella gestione dell'attività didattica. Non mi riferisco ovviamente ai contenuti, ma  alla metodologia didattica meglio confacente al loro stile di apprendimento. 
La qualità della scuola può essere raggiunta con la semplice pratica del buon senso. 

Il buon senso sta nel non fare cose che non portano a nessun beneficio concreto e misurabile. Dovrebbe essere applicato a tutto ciò che si fa nella scuola, sia alle cose ordinarie che alle cose straordinarie. 

Senza un beneficio concreto e misurabile, ogni insegnamento disciplinare, come ogni iniziativa, è senza senso, indipendentemente dalla corretta  informazione fornita agli studenti e dalla loro approvazione. 
Gli studenti sono molto sensibili all'utilità di ciò che viene richiesto loro di fare e sono giustamente diffidenti verso il mondo scolastico. Viviamo in un mondo dove ogni categoria sociale ragiona come una casta, pensa prevalentemente al proprio tornaconto e scarica i costi  e fatiche sulle generazioni future.Bisognerebbe che avvenisse un capovolgimento del punto di vista: centralità dell'allievo e non più centralità dell'insegnante, ma sarebbe troppo dirompente per la categoria degli insegnanti.  Il diritto di non cambiare l'unica metodologia didattica che si conosce, o si preferisce applicare, non si tocca! Potrebbe essere un buon inizio lo sforzo vero di applicare il binomio utilità-misurabilità  ad ogni iniziativa o attività e poi condividerla con gli studenti, prima di passare all'azione.



sabato 1 ottobre 2011

Solita colpa della società

I giovani con difficoltà di apprendimento sono sempre in aumento negli Istituti Professionali e nulla cambia nell'approccio al problema. La risposta più consolidata è la moltiplicazione di iniziative già sperimentate nonostante siano un fallimento annunciato.
Le crescenti difficoltà di apprendimento degli studenti hanno effetti precisi:
- un elevato numero di assenze;
- un elevato numero di note e sanzioni disciplinari;
- un elevato numero di ripetenti e abbandoni
L'innovazione si dispiega con la proposta di corsi di aggiornamento di varia natura per insegnanti, ma senza tanta convinzione e senza obblighi vincolanti per il futuro, per nessuno.
Tutta colpa della società! 



mercoledì 28 settembre 2011

Re Docente e Regina Materia

Gli studenti resistono alla scolarizzazione professionale e denunciano la mancanza di senso dei contenuti da apprendere. Lo dicono da molto tempo. Pagano un prezzo molto alto in bocciature e abbandoni. Ciò succede perché sul trono c'è ancora la famiglia reale: La regina "materia" della casa disciplinare vien dalla mente" e il Re "docente" della casta degli impiegati della conoscenza. Il loro matrimonio è basato sull'interesse materiale alla sopravvivenza. Cambiare la volontà del Re o della Regina non è cosa da poco. E non ci sono rivoluzioni in vista!
Come attribuire senso ai contenuti da apprendere? Quali azioni predisporre? In che misura è un problema del singolo insegnante? La direzione ha qualche dovere nel mostrare esplicitamente interesse a dare senso ai contenuti? Quale supporto dovrebbe fornire? E se nessuno si muove, se non per girare intorno a se stessi mettendosi la coscienza a posto con palliativi (promuovendo progetti sulla motivazione, umiliando le famiglie per la  mancanza di attenzione e studio degli studenti ) che cosa bisogna fare?

martedì 27 settembre 2011

L'immagine della scuola nella società

Ecco come la società civile percepisce la scuola:
- La scuola trascura la dimensione del fare 
- La scuola nega l’esistenza della pluralità dell’intelligenza
- La scuola è incapace di affrontare nuovi linguaggi
- La stampa esprime disprezzo per le istitutuzioni scolastiche
- Le famiglie delegano l'educazione alle scuole
- La società non riconosce il merito alla scuola
- Si ottiene un buon posto di lavoro solo con le conoscenze personali
Quale risposta dare ? Chi deve iniziare a darla? 

giovedì 22 settembre 2011

Ambiente scolastico e comportamento

L’ambiente scolastico comunica l'attenzione che l’Istituto ha nei confronti degli studenti. Questi leggono e percepiscono l'ambiente in cui sono immersi e, di conseguenza, comunicano la loro attenzione e rispetto nei confronti di tutte le componenti dell’Istituto.
La cura dell’ambiente  di apprendimento è la prima comunicazione  che viene impartita agli allievi e  rientra nei doveri educativi istituzionali dell'Istituto. Solo quando l'Istituto ha accertato di aver curato adeguatamente l'ambiente di apprendimento può chiedere la rigida osservanza di regole  e  ritenere totalmente ingiustificati molti comportamenti giudicati irrispettosi nei confronti di uomini e cose.
Quasi ovunque l'ambiente scolastico è tetro e comunica cecità, presunzione e alienazione. Con quale coscienza e senso di civiltà punire coerenti comportamenti di giovanissimi immaturi? 

domenica 18 settembre 2011

A cosa è dovuto l'insuccesso scolastico?

a)Esiste un nesso inscindibile tra percezione, azione e progetto.
b) La comprensione è
pragmatica.
c) Noi percepiamo con i sensi e solo
dopo subentra la testa.

d) La mancanza di nesso tra percezione, azione e progetto determina l’insuccesso scolastico.

Rubbia e la scuola ad Annozero

"Se un ragazzo in una classe viene bocciato è colpa sua,
se due ragazzi in una classe sono bocciati è colpa loro,
se tre ragazzi in una classe sono bocciati non è più solo colpa loro!"
Negli Istituti professionali in media sono più di 3 su 10 i bocciati per ogni classe.
Un giorno ci diranno che abbiamo banchettato con la carne umana!

giovedì 15 settembre 2011

Importanza del punto di vista


Ci sono Istituti che non riescono a modificare il negativo risultato di apprendimento di fine anno. Nel migliore dei casi incrementano le attività di recupero o le attività parallele di rimotivazione allo studio, ma senza cambiare punto di vista.

Il risultato negativo è il prodotto di un punto di vista e non si risolve nessun problema non cambiando punto di vista.

Insegnare negli Istituti Professionali di Piero Alacchi: Perchè questo blog?


Dopo tanti anni di insegnamento e di molteplici esperienze anche fuori dall'ambito scolastico è maturata in me la decisione di affidare alla rete le mie opinioni, sensazioni, idee e progetti.

Materiali disponibili:

1) L'Alternanza a progetto
2) Modulistica Alternanza
3) Modello di programmazione per competenze del CdC
4) Indicatori per misurare l'efficacia e l'efficienza di un Istituto

Basta una mail di richiesta!