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lunedì 31 ottobre 2011

Insuccesso scolastico: dove finisce la responsabilità dello studente e comincia la responsabilità dell'Istituto?

Quando un Istituto accetta un'iscrizione diventa responsabile del successo scolastico dello studente. L'Istituto si impegna a portare lo studente al diploma, moralmente e contrattualmente.
Portare uno studente al diploma è un dovere, è un atto di responsabilità sociale che coinvolge tutta l'organizzazione scolastica e non solo qualche insegnante dotato di maggiore sensibilità. Appena si presentano, però,  i primi dati comportamentali e di profitto incongruenti con la previsione caritatevole dell'insegnante cessano gli obblighi inizialmente assunti e i buoni propositi dell'Istituto. L'incongruenza è addebitata al fornitore (la famiglia), il quale non ha rispettato le specifiche di apprendimento richieste dall'Istituto.
Bisognerebbe chiedersi per quale ragione finanziare un'attività educativa e formativa dedita prevalentemente a mantenere se stessa e solo accidentalmente a formare giovani che resistono alla programmazione di un insegnamento a senso unico. Quando lo studente registra un successo scolastico, il sistema di insegnamento  nega allo studente e alla famiglia ogni compartecipazione al risultato, pur non avendo fatto nulla in più o di diverso rispetto a tutti gli iscritti dell'Istituto.  L'autore del successo scolastico è l'Istituto e nessun altro. Gli autori dell'insuccesso sono, invece, esclusivamente le famiglie che non collaborano e gli studenti che non studiano. Questa è la scuola sportello, dalla quale deriva l'insegnante impiegato  e il Dirigente burocrate.
Quando tale sistema sarà considerato una offesa all'intelligenza umana e frutto di un abuso intellettuale di una casta numerosa e votante?
La responsabilità di un Istituto comincia con l'orientamento in ingresso dello studente. La comunicazione dell'offerta formativa è prevalentemente pubblicitaria, mirata esclusivamente ad acchiappare iscrizioni in un mercato non libero e truccato, costituito da una casta, cioè da Istituti che adottano la stesse regole informative e la stessa propensione acchiappastudenti. Le famiglie non possono vedere e toccare con mano il futuro che acquistano per i loro figli. Quando ci sono carenze di iscrizioni e arrivano studenti con pregressi insuccessi scolastici, la responsabilità morale viene messa completamente da parte: prevale il bisogno di riempire le aule per dimostrare carità cristiana da una parte e validità dell'offerta formativa (alta richiesta di iscrizione equivale ad un alto valore dell'Istituto e della sua offerta!) dall'altra. Non secondario è il bisogno assurdo di evitare disagio a qualche insegnante che potrebbe cambiare Istituto nell'ambito cittadino o provinciale insieme al rischio di creare qualche avventizio in più. Il sistema scuola è di fatto una casta di falsi intellettuali che vorrebbe raccordarsi con le caste superiori dalle quali, però, non è mai stato riconosciuto, per l'inadeguatezza delle sue competenze e per la meschinità delle rivendicazioni che lo hanno contraddistinto negli anni. Questo desiderio non soddisfatto ha portato alla macelleria sociale, per decenni. Quanti giovani sono stati sacrificati sull'altare dell'inamovibilità del docente e della rendita-privilegio di non cambiare mai punto di vista (gli studenti non studiano!!!) e metodo di insegnamento?
Prima di accettare un'iscrizione, l'Istituto dovrebbe offrire allo studente e ai suoi genitori prove di insegnamento  delle materie caratterizzanti il piano di studio a cui far seguire prove di apprendimento. In questo modo tutti i soggetti potrebbero capire onestamente e in modo certo se quell''Istituto è ciò che cercano famiglie e studenti e se questi  ultimi possono essere soddisfatti dell'offerta formativa. Un insuccesso scolastico che arriverebbe dopo tale prova non potrebbe essere più addebitare allo studente, ma solo all'Istituto.
Bisogna una volta per tutte riconoscere le responsabilità dell'insuccesso scolastico da addebitare solo all'Istituto. Dove finisce l'insuccesso dello studente e dove comincia quello dell'Istituto? Oggi, gli Istituti sono esenti da responsabilità. L’orientamento in ingresso dovrebbe essere costituito dalla erogazione di lezioni  delle discipline caratterizzanti i corsi di studio, con metodologie diverse e dalla conseguente valutazione degli apprendimenti. L’orientamento in ingresso, la didattica e l’organizzazione della scuole dovrebbero sentire la  responsabilità sociale di far provare un prodotto educativo e formativo. Se la prova ha esito positivo, sarà difficile dimostrare che un Istituto ha fatto tutto il possibile per evitare l'insuccesso scolastico. Ciò non avverrà mai perché il sistema non vuole essere responsabile della propria azione.

venerdì 21 ottobre 2011

Un investimento pubblico senza un rendiconto sociale


I documenti obbligatori dei singoli Istituti scolastici non danno l'idea dell'investimento nell'educazione e nella formazione delle nuove generazioni. Sono, non a caso, sconosciuti ai soggetti economici (famiglie, imprese, Stato).  Nello specifico, ecco a cosa servono e a chi sono diretti.

  • Il POF:  è indicativo delle intenzioni e dei programmi realizzati che si vogliono ripetere. Non informa sui risultati delle attività svolte negli anni precedenti. Non contiene informazioni sulle risorse economiche ed umane impiegate. E’ orientato, con scarso successo, agli interlocutori interni: docenti, alunni e genitori, i quali, a ragione, non lo leggono neppure.
  • Il Regolamento interno: è un insieme di norme orientato agli interlocutori interni 
  • Il Programma preventivo: è significativo sotto il profilo delle poste generali e riporta le iniziative e le risorse impegnate. Non è predisposto per la contabilità analitica. E' rivolto quasi esclusivamente ad interlocutori interni: i componenti del Consiglio d’Istituto (docenti, genitori e studenti eletti). Non sono indicati obiettivi qualitativi e quantitativi e neppure aspettative di efficienza ed efficacia della spesa programmata.
  • Relazione del Dirigente sul Piano di Attività annuale: E' rivolto quasi esclusivamente a interlocutori interni. Raramente i risultati attesi sono corredati da indicatori di performance. Spesso il nesso tra risorse e articolazione per progetti è nominale; riporta solo le etichette relative del POF.
  • Consuntivo: E' rivolto esclusivamente a interlocutori interni. In esso prevale l'informazione contabile. Sono assenti “istituzionalmente” i parametri gestionali di efficienza ed efficacia della spesa.
  • Relazione del Dirigente sul consuntivo: E  un documento rivolto esclusivamente a interlocutori interni. In esso prevale l’informazione contabile e sono assenti le valutazioni di ricaduta sulla gestione successiva e sul POF.
Perché:

a)  non integrare questi documenti ?
b)  non rielaborarli per interlocutori esterni ?

Il Comune e gli altri enti territoriali, l'Associazione degli imprenditori, i media, il Ministero della PI, l'UE, le famiglie, le singole imprese presenti sul territorio hanno il diritto di conoscere i Piani di lavoro, le spese e i risultati di un'economia che costituisce il più importante investimento nel futuro. 

La lotta per la trasparenza dei risultati dell'investimento nelle nuove generazioni non è meno importante della lotta alla mafia, al malaffare e all'evasione fiscale.
La mancanza di trasparenza dell'investimento costituisce la protezione dei tanti apparati digerenti che girano intorno alle cose che devono essere fatte perché il fare genera obblighi verso soggetti che ritengono  pregiudizialmente inferiori culturalmente. E pensare che, in un ambiente senza alcuna trasparenza dei risultati del proprio lavoro, si considera l'impresa come il male della cultura.


Bisognerebbe ipotizzare i reati di:

1) falso sociale del bilancio scolastico
2) occultamento di dati informativi
3) mancanza di comunicazione sociale

domenica 16 ottobre 2011

Il POF: un documento inutile

Il POF viene aggiornato nel corso dell'anno e predisposto per tempo all'approvazione per l'anno successivo. In esso l'Istituto dichiara le attività svolte, ciò che è obbligatorio inserire sugli indirizzi di studio e tanti progetti  per non essere da meno degli altri Istituti. Qualche attività o iniziativa viene poi enfatizzata insieme alla dichiarazione della MISSION per dare colore a un documento che non è capace di immaginare il futuro. Sembra pensato e approvato da persone dai "sogni di pietra".  
Perché l'hanno chiamato PIANO e non PPROGRAMMA? 
Il PIANO copre un arco di tempo dai tre ai cinque anni. Il PROGRAMMA copre un arco di tempo non superiore all'anno. Perché il Piano dell'Offerta Formativa copre solo un anno di attività?  Chi legge il POF ha la sensazione che nella scuola gli anni siano tutti uguali, immutabili nel tempo, che non ci sia alcuna evoluzione della società da nessun punto di vista. Gli studenti non cambiano stile di apprendimento, gli insegnanti non cambiano stile di insegnamento e l'organizzazione scolastica non cambia struttura e relazioni.
Il cambiamento può riguardare la letteratura, la filosofia, la storia degli altri, le scienze, l'attività produttiva e l'organizzazione delle imprese e delle organizzazioni non profit, ma non il sistema scolastico. 
E' raccapricciante che il sistema scolastico sia immobile e teso solo a difendere privilegi, esattamente come fanno tutte le caste del nostro Paese.
Gli istituti professionali sembrano delle barche messe all'ancora in mare aperto, con rematori distratti che aspettano il vento favorevole in vele mal ridotte e senza capitani coraggiosi che conoscano la rotta verso il nuovo mondo.
A parte il quadro orario delle classi e i percorsi di studio stabiliti dal Ministero, di pluriennale nel POF non c'è nulla. Non c'è indicato il nuovo mondo e non c'è una rotta da seguire nel tempo.  Indicare obiettivi pluriennali è troppo impegnativo per  l'organizzazione scolastica. E' come affrontare il futuro senza credere minimamente nel futuro (due-tre anni, non 10! ).
Gli istituti scolastici vivono alla giornata perché non sono capaci di fissare mete e obiettivi a lungo termine. La programmazione annuale non è altro che il già fatto l'anno precedente,  con qualche  attività extracurriculare per soddisfare un'esigenza personale, o per riempire uno spazio lasciato libero da un'altra attività che gli studenti non hanno mai voluto digerire. Con la scusa di migliorare le motivazioni all'apprendimento si inseriscono nel POF attività occasionali che non hanno nessuna utilità, anzi, producono ulteriore demotivazione e sfiducia nel sistema scolastico. Non ci sono attività neutre in un ambiente dove l'inutilità del tempo trascorso a scuola corrode le forze e l'interesse all'apprendimento di nozioni che, molto spesso, appaiono allo studente senza senso. Gli studenti rinunciano a utilizzare la loro intelligenza. Sottostanno alla legge del più forte e accettano qualunque minestra, passivamente. Oggi,  non possiamo meravigliarci se non nutrono interesse per tutte le minestre che vengono somministrate loro!
Per avere un riscontro di quanto è importante e utile il POF, basta chiedere ai docenti e agli studenti cosa ricordano del POF.
Oltre il 95%  non lo ha mai letto e non lo leggerà mai, perchè non lo ritiene utile per il proprio lavoro e per le proprie aspettative, e neppure attendibile.

domenica 9 ottobre 2011

Mario Draghi e l'importanza di incrementare il capitale umano

Il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, indica le misure strutturali che il Paese deve prendere subito per "uscire dalla stagnazione". Riguardo alla riforma dell'istruzione, Draghi sostiene che è necessario " incrementare lo stock di capitale umano, oggi inferiore in quantità e qualita' rispetto ai paesi con cui competiamo sui mercati".
Nella scuola, il termine "capitale umano" non è utilizzato neppure tra i tanti docenti di economia. Nell'ambiente scolastico,  solo il pensare in termini "qualitativi e quantitativi" degli aspiranti a un titolo di studio genera sospetto e irritazione intellettuale. Infine, la "competizione sui mercati" non sembra assolutamente riguardare il mondo dell'istruzione e della formazione. La competizione sui mercati riguarda solo il mondo delle imprese, cioè un altro mondo, disgraziatamente contiguo a quello dell'istruzione, che partecipa pagando gli stipendi agli insegnanti, come per espiare un senso di colpa.
Il mondo della scuola può capire le parole del Governatore Draghi? Io credo di no, ed è demoralizzante l'assenza di una cultura capace di vedere e capire oltre il proprio naso e i propri meschini interessi. 

L'applicazione degli "stress test" agli Istituti scolastici, per capire il grado di risposta che può dare un Istituto alle istanze culturali dell'Europa, sarebbe considerata un atto di forza,  culturalmente riprovevole, nonostante si voglia garantire prima di tutto il futuro delle nuove generazioni.
Negli "stress test" applicati agli Istituti scolastici andrebbero rilevati le potenzialità professionali dell'Istituto (curriculum dei docenti, le competenze capitalizzate) e il loro grado di utilizzo nella scuola, la presenza di attrezzature e il loro grado di utilizzo, il grado di utilizzo delle tecnologie di comunicazione tra docenti e tra Istituto e famiglie, i piani di valorizzazione a medio termine delle competenze dei docenti e il loro programmato utilizzo, poi il grado di successo scolastico nel far fronte agli impegni assunti con l'utenza anche in termini di realizzazione di progetti di vita, il grado di soddisfazione dei fornitori interni ed esterni  e la regolarità dei pagamenti. Infine, l'Istituto dovrebbe dire, in presenza di abbandoni superiori al 10%, come e in che misura intende ridurre tale indice, con quali cambiamenti organizzativi, didattici e con quale ridistribuzione del fondo d'Istituto. 


Gli "stress test", oggi, confermerebbero che gli Istituti Professionali non hanno cognizione della concretezza della loro missione così tanto decantata nel POF, delle potenzialità umane e professionali sperperate, dell'assenza di razionalità nel porre obiettivi correlati al tipo di organizzazione, delle risorse finanziarie, del costo umano e sociale dovuto alla mancanza di efficienza organizzativa ed efficacia delle azioni didattiche.
In verità, non è necessario fare gli stress test per arrivare alle stesse conclusioni. Gli stress test decreterebbero la completa inaffidabilità degli Istituti Professionali, come se fossero aziende decotte, dove entrano materie prime per costruire tre auto e alla fine del processo esce solo un'auto rumorosa e poco affidabile. Tutta colpa dei fornitori distratti, cioè delle famiglie che non collaborano con l'Istituto? La storiella che la cultura umanistica è contrapposta al  valore dell'efficienza e dell'economia in senso lato è corredata da tante storie di persone reali che, avendo concluso il percorso di studi, ritengono pregiudizialmente di avere nei confronti del prossimo solo diritti.  Una bella educazione umanistica! Un bel prodotto di una cultura divoratrice di futuro, incapace di coniare il termine solidarietà verticale, incapace di fare le curve a gomito della vita globalizzata! Colpa dei tagli all'istruzione e della globalizzazione?

giovedì 6 ottobre 2011

Il bilancio sociale degli Istituti Scolastici è un tabù


Nella scuola, siamo abituati a predisporre e approvare un bilancio finanziario, dove ciò che interessa è  l'aspetto contabile. Nel bilancio finanziario non c'è connessione tra spesa e risultati di apprendimento.Spesso le connessioni sono esposte verbalmente. Chi non approverebbe un progetto che mira a combattere la dispersione scolastica, qualora venisse relazionata ideologicamente la necessità!? Il rifiuto di approvare un tal progetto apostroferebbe il soggetto come irresponsabile, insensibile, ignorante. Così, l'utilità  di progetti e iniziative indicati sommariamente in bilancio sono sorretti dalla fede e dalla speranza, mentre il denaro speso è assolutamente reale. La mancanza di connessione tra spesa o investimenti e risultati di apprendimento è il fondamento di una irrazionale  e truffaldina gestione dell'attività educativa e formativa. Infatti, è difficile, e non è un caso, elaborare indici di efficienza ed efficacia della spesa e degli investimenti rispondenti alla realtà dei risultati.  Il documento che potrebbe evidenziare l'efficacia ed l'efficienza della spesa e degli investimenti è il bilancio sociale. Un documento che racchiude le scelte strategiche dell'Istituto e la tendenza dei risultati ottenuti negli anni, tutto facilmente comprensibile e valutabile da istituzioni e famiglie.
Molte imprese vogliono comunicare la loro immagine attraverso l'utilità della propria funzione economica e finanziaria. Pubblicano annualmente un bilancio sociale, oltre quello economico e patrimoniale, evidenziando il loro contributo finanziario al miglioramento della vita sociale, indicando gli obiettivi raggiunti. C'è una competizione mondiale tra imprese, tra chi fa di più e meglio per il prossimo. Le imprese più evolute comunicano ciò che fanno alla società civile sotto forma di bilancio sociale. I consumatori, di conseguenza, possono effettuare scelte, prendendo in considerazione anche l'impegno sociale delle aziende produttrici, in relazione alla loro sensibilità e cultura.
Le scuole, pur avendo l'obbligo esclusivo di perseguire fini di pubblica utilità, si comportano dal punto di vista sociale come imprese private che vivono di rendita. Non hanno un bilancio sociale. Non vogliono averlo. Non vogliono e non hanno risultati confrontabili destinati alla pubblicazione. Dichiarano una missione ma senza risultati correlati, dichiarano iniziative ma non il grado di successo e di insuccesso, di apprezzamento o indifferenza. La misurazione del successo in termini qualitativi e quantitativi in relazione alla spesa o all'investimento è un comodo tabù.
Il costo sostenuto per il successo di un allievo dovrebbe essere un indicatore economico-sociale da mostrare pubblicamente, esattamente come il costo di ogni insuccesso o abbandono scolastico. Il bilancio sociale della scuola è un preciso indicatore di serietà, affidabilità, impegno onesto e concreto a svolgere quella missione così ampiamente descritta nel POF.
Le imprese utilizzano strumenti per convincere la società della loro utilità sociale, le scuole invece ritengono di essere utili indipendentemente dai risultati e dai costi e presentano bilanci dove non è possibile capire la correlazione tra progetti, denaro speso e risultati ottenuti.

domenica 2 ottobre 2011

Il buon senso e la qualità nella scuola


Solo ipocritamente possiamo attribuire alle molte attività educative e formative un concreto beneficio per gli studenti.
Gli studenti non affermano apertamente  diffidenza verso ciò che viene loro proposto perché non sanno esporre le loro ragioni, perché troppo giovani, indifesi e senza diritti veri. Intuiscono l'ipocrisia e manifestano la loro diffidenza con comportamenti passivi tendenti a minimizzare la fatica, ad aggirare gli ostacoli, oppure con insuccessi e con il triste fenomeno dell'abbandono, coerentemente con quanto apprendono dal mondo adulto e del lavoro.
Non si può certo affermare che al centro dell'azione educativa ci siano, oggi, gli studenti. Loro sono l'ultimo interesse dell'organizzazione scolastica. Gli studenti non sono mai interlocutori reali nella progettazione e nella gestione dell'attività didattica. Non mi riferisco ovviamente ai contenuti, ma  alla metodologia didattica meglio confacente al loro stile di apprendimento. 
La qualità della scuola può essere raggiunta con la semplice pratica del buon senso. 

Il buon senso sta nel non fare cose che non portano a nessun beneficio concreto e misurabile. Dovrebbe essere applicato a tutto ciò che si fa nella scuola, sia alle cose ordinarie che alle cose straordinarie. 

Senza un beneficio concreto e misurabile, ogni insegnamento disciplinare, come ogni iniziativa, è senza senso, indipendentemente dalla corretta  informazione fornita agli studenti e dalla loro approvazione. 
Gli studenti sono molto sensibili all'utilità di ciò che viene richiesto loro di fare e sono giustamente diffidenti verso il mondo scolastico. Viviamo in un mondo dove ogni categoria sociale ragiona come una casta, pensa prevalentemente al proprio tornaconto e scarica i costi  e fatiche sulle generazioni future.Bisognerebbe che avvenisse un capovolgimento del punto di vista: centralità dell'allievo e non più centralità dell'insegnante, ma sarebbe troppo dirompente per la categoria degli insegnanti.  Il diritto di non cambiare l'unica metodologia didattica che si conosce, o si preferisce applicare, non si tocca! Potrebbe essere un buon inizio lo sforzo vero di applicare il binomio utilità-misurabilità  ad ogni iniziativa o attività e poi condividerla con gli studenti, prima di passare all'azione.



sabato 1 ottobre 2011

Solita colpa della società

I giovani con difficoltà di apprendimento sono sempre in aumento negli Istituti Professionali e nulla cambia nell'approccio al problema. La risposta più consolidata è la moltiplicazione di iniziative già sperimentate nonostante siano un fallimento annunciato.
Le crescenti difficoltà di apprendimento degli studenti hanno effetti precisi:
- un elevato numero di assenze;
- un elevato numero di note e sanzioni disciplinari;
- un elevato numero di ripetenti e abbandoni
L'innovazione si dispiega con la proposta di corsi di aggiornamento di varia natura per insegnanti, ma senza tanta convinzione e senza obblighi vincolanti per il futuro, per nessuno.
Tutta colpa della società!