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domenica 20 maggio 2012

La scuola dell'obbedienza e la centralità dei docenti


La scuola continua a chiedere l'adattamento dell'allievo alla sua organizzazione, alla sua struttura, ai suoi docenti, allo stile di ogni suo dirigente. La promessa per chi si conforma è la realizzazione del progetto di vita, a cui nessuno crede. 
Non ci credono gli allievi e non ci credono le famiglie che provano a organizzarsi conformemente alle relazioni che hanno. Non ci credono gli insegnanti e i Dirigenti che godono del diritto assurdo di non dover rendere conto a nessuno, interpretando l'autonomia come libertà di non dover rispondere delle scelte che fanno e che non fanno. 
Gi studenti si conformano quindi, riservando odio.  E' questa la bella democrazia del sistema educativo e formativo che caratterizza gli Istituti Professionali!
Gli Istituti professionali promettono ai giovani che altri soggetti, le imprese, si occuperanno di loro e li assumeranno. Tale promessa è sorretta dalla citazione degli articoli della Costituzione della Repubblica Italiana. Lo Stato deve garantire questa promessa, dicono i docenti. Peccato che allo Stato non è consentito garantire una vera istruzione e formazione, a partire dal controllo dell'attuazione della riforma, dagli indici di efficienza e di efficacia dell'azione educativa di ogni singolo Istituto
Istituti Professionali e Aziende sono due soggetti che si odiano, si addebitano doveri che non hanno mai contratto. I due soggetti, pur vivendo sotto lo stesso tetto, intrattengono solo rapporti che salvaguardano la propria autonomia e indipendenza.  Nei convegni esprimono una civile convivenza, da separati in casa. Nella pratica comprano filo spinato per proteggersi da future ingerenze. 
La centralità dello studente non è mai il tema comune dei due soggetti, neppure separatamente. Non lo è nelle scuole professionali, non lo è nelle imprese. Gli studenti sono al centro dell'attenzione solo come numero per formare classi che servono a mantenere inalterato il personale lavorativo. Se le iscrizioni aumentano, le promozioni diminuiscono. Se le iscrizioni diminuiscono le promozioni aumentano, fino ad arrivare a non poter più gestire la bilancia. 
Dove si promuove troppo facilmente si sviluppano fenomeni di bullismo eclatanti, comportamenti riprovevoli e la conseguente diminuzione delle iscrizioni.
La scuola continua a operare morbosamente sugli studenti. Molti sono ancora convinti che insegnare ed educare vuol dire parcellizzare ed astrattizzare concetti e temi,  separare argomenti, mantenere formali le discipline, moltiplicare docenti e ore di lezione. Il cavallo di battaglia di coloro che si ergono a intellettuali è la mancanza di investimenti nella scuola. Per loro il problema sta solo nel denaro, non nella cultura educativa.
Le azioni educative di scuola, famiglia, chiesa, Stato, società civile sono autonomizzate ciascuna con proprie e invalicabili sfere di sovranità, come fossero Stati indipendenti in uno Stato, nemico.
L'educazione sta ancora nei precetti, nell'adattamento alla persona investita di potere. Nelle scuole professionali non si insegna a vivere, ad agire, ad usare sensi, facoltà e tulle le parti che danno senso, sentimento all'esistenza. Nelle scuole professionali si insegna, fallendo clamorosamente, ad obbedire e sottomettersi. Il valore che eguaglia l'obbedienza alla persona è  il posto di lavoro vicino casa. Quando le iscrizioni  precipitano ci si affanna a fare il conto degli anni che mancano per andare in pensione. Si pianifica la fuga! Quando un nuovo gruppo dirigente prende il posto del vecchio, vittima della crudeltà delle scelte familiari, non cambia assolutamente niente. Il nuovo gruppo porta nuovi Dei dalla propria bottega, con la solita visione non più lunga di un anno e con i soliti miserabili  e ragionevolissimi obiettivi che saranno raggiunti a fatica e solo sulla carta.